Cos’è il trattamento di fine rapporto?
La sigla TFR sta per trattamento di fine rapporto e fa riferimento alla somma che ogni datore di lavoro deve corrispondere al dipendente nel momento in cui viene meno il rapporto lavorativo.
Il TFR quindi spetta indipendentemente dalla motivazione che ha portato alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato. Il trattamento di fine rapporto viene corrisposto quando il dipendente:
- viene licenziato;
- presenta le dimissioni;
- insieme al datore di lavoro firma la risoluzione consensuale del contratto;
- cessa la propria attività a causa del fallimento dell’azienda;
- muore.
Conosciuto anche con il nome di “liquidazione” o “buonuscita”, il TFR è stato istituito dalla legge 297/1982, per poi essere modificato dalla legge 252/2005 in tema di previdenza complementare. Grazie a questa il dipendente ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di accantonare le somme di TFR spettanti in un fondo di previdenza complementare, così da garantirsi una pensione integrativa.
Il vantaggio di questa opzione è notevole: accantonando il TFR in un fondo di previdenza complementare, infatti, il lavoratore beneficia della deducibilità fiscale dei contributi versati.
Come abbiamo appena anticipato è il datore di lavoro ad accantonare una parte di stipendio del dipendente, così da poter pagare il TFR una volta cessato il rapporto lavorativo.
L’unico caso in cui l’accantonamento del TFR non spetta al datore di lavoro è riguarda chi è a capo di imprese private con più di 50 dipendenti. Questi dal 1° gennaio 2017 hanno l’obbligo di versare le quote maturate da ciascun lavoratore – e non destinate a fondi pensioni complementari – nel Fondo di Tesoreria dell’INPS.
Calcolo del TFR
Il trattamento di fine rapporto matura nel corso del rapporto di lavoro, ed è costituito dalla retribuzione accantonata dal datore di lavoro che verrà corrisposta al dipendente una volta cessato il rapporto lavorativo.
Si tratta di una retribuzione differita nel tempo che aumenta per ogni anno di lavoro. Il suo importo, infatti, dipende da due fattori: lo stipendio del dipendente e la durata dell’impiego.
Nel dettaglio, per il calcolo del TFR bisogna dividere per 13,5 un importo pari – e mai superiore – alla retribuzione annua lorda del lavoratore. Più saranno gli anni di servizio, quindi, e maggiore sarà l’importo del TFR.
Nel calcolo della retribuzione lorda concorre non solo lo stipendio base, ma tutti gli altri compensi ed indennità che costituiscono la retribuzione del dipendente, ad eccezione di quanto viene corrisposto a titolo occasionale o di rimborso spese.
È bene specificare, inoltre, che ogni 31 dicembre il TFR viene rivalutato applicando un tasso dell’1,5% in misura fissa e del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo rilevato dall’ISTAT.
Naturalmente il TFR è soggetto a tassazione; per questo motivo se volete sapere come calcolarne l’importo al netto delle tasse vi consigliamo di leggere la nostra guida dedicata- Calcolo TFR netto: tassazione separata, aliquota media ed esempio numerico.
Le destinazioni del TFR
È il dipendente a scegliere la destinazione delle quote accantonate del TFR. Questo, infatti, ha diverse opzioni davanti a sé:
- far mantenere il TFR in azienda e ricevere la somma accantonata una volta terminato il rapporto di lavoro;
- versarlo in un fondo pensioni.
Il dipendente può anche chiedere di non accantonare il TFR ma di ottenerlo mensilmente in busta paga.
Quest’ultima opzione è stata introdotta dalla Legge di Stabilità del 2015; bisogna specificare però che si tratta di una decisione a totale discrezione del dipendente, al quale viene data la facoltà di scegliere tra una retribuzione mensile più alta e la somma accantonata pagata alla fine del rapporto lavorativo.
Il TFR in busta paga comunque ha lo svantaggio di essere tassato secondo l’ordinaria tassazione Irpef, quindi con un’aliquota più pesante rispetto a quella prevista per il TFR ordinario.
Inoltre, il dipendente può chiedere anche un anticipo del TFR, nella misura non superiore al 70% dell’importo maturato.
Può farne richiesta il dipendente con almeno 8 anni di servizio, ma solo quando ha particolari esigenze di spesa – come l’acquisto di una casa o il dover sostenere delle spese per prestazioni sanitarie – che devono essere comprovate tramite l’opportuna documentazione.
Infine, dobbiamo specificare che anche il TFR è soggetto a prescrizione; il diritto del dipendente, infatti, si prescrive entro il termine di 5 anni calcolati dal primo giorno della cessazione del rapporto di lavoro.